Con il sostegno e l’impulso della kermesse Forme, l’Unesco ha riconosciuto la sapienza dell’arte casearia del territorio orobico.
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Tra le 66 città entrate nella lista delle Città Creative del pianeta lo scorso ottobre, ecco anche Bergamo, riconosciuta dall’Unesco come “laboratorio di idee” capace di costruire “un contributo tangibile al raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile attraverso pensieri e azioni innovativi”. Merito del valore attribuito alla produzione casearia del suo territorio montano, che vanta 30 formaggi tradizionali, di cui 9 DOP e 3 presidi Slow-Food. A dare sostegno e impulso decisivi al riconoscimento a Bergamo – il secondo da parte dell’Unesco, dopo quello delle Mura che cingono Città Alta – è stata anche la kermesse Forme dedicata all’arte casearia italiana e mondiale. Dopo il lancio ufficiale della candidatura durante la scorsa edizione, il progetto – grazie anche al villaggio delle Cheese Valleys nelle ultime due edizioni e alla “prima” italiana del grande concorso mondiale dei World Cheese Awards – ha dato la spinta decisiva. “Si tratta di un ulteriore, straordinario riconoscimento della centralità del territorio orobico rispetto alla filiera casearia – ha dichiarato il presidente di Forme, Francesco Maroni – e uno sprone a fare sistema per sviluppare iniziative di alto profilo per la valorizzazione internazionale delle eccellenze casearie italiane”. Le città creative dell’Unesco salgono così a 246. Le altre città italiane creative sono Bologna (musica), Fabriano (artigianato e arte popolare), Roma (cinema), Parma (gastronomia), Torino (design), Milano (letteratura), Pesaro (musica), Carrara (artigianato e arte popolare), Alba (gastronomia) e Biella (artigianato tessile).
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