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Non puoi sceglierti uno stile nel morire, di sicuro puoi farlo quando vivi. E quindi, parlando in un sito dedicato al lusso, il vero lusso è proprio costruirsi un’identità nell’universalità e dunque un simbolo. Stiamo parlando di Prince, ovvero il cantante che ha segnato una generazione, la mia compresa. E non è questo il luogo dove perdersi in commemorazioni lacrimose, ma forse il migliore per capire che cosa ha lasciato con la sua scomparsa.In casi come questo chiunque fa a gare per elargire aneddoti fasulli (ne abbiamo letti di agghiaccianti), ma nessuno si sofferma sul personaggio, del vuoto che può o meno lasciare. Prince ovviamente lascia un vuoto musicale, ma quello sarà riempito con i suoi album postumi

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– visto il materiale che è stato trovato nel suo bunker-meraviglia e di cui in realtà si sapeva -, sperando di evitarci la solita battaglia tra eredi veri e presunti. Ma Prince in realtà lascia un vuoto per quello che è diventato nel corso della carriera, cominciata tra nudi, frasi sconce e provocazione (il momento artistico però più proficuo) e terminata nella sublimazione della poesia religiosa. E se sul suo modo di vestire si può tranquillamente passare oltre (il suo metro e 57 lo obbligava a tacchi e mise imbarazzanti per emergere dalla banalità), di sicuro è nei simboli, anzi nel Simbolo, che ha alla fine centrato il suo personaggio. Quel logo sintesi di maschile e femminile che per qualche tempo è stato anche il suo nome

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fittizio e che è diventato lui. Era la sua chitarra, era il suo alter ego, era il suo essere. Maschile e femminile che non c’entra più nulla con la sua sessualità: Prince non era gay (“Anche se ho tanti amici gay e con loro leggiamo insieme la Bibbia”) e soprattutto era un gran conquistatore di donne fantastiche, segno che in quei 157 centimetri l’energia sprigionata era pazzesca. Non era insomma bello, non era come detto alla moda, ma era infatti un simbolo: il suo. Così ora non importa come sia morto, quasi sicuramente sapendo di essere in procinto di morire, ma capire qual è il vero lusso di vivere una vita come la sua, anche non essendo Prince. E probabilmente la soluzione alla fine sta tutta in uno dei suoi versi: “Bisogna vivere una vita per capire una vita. I turisti ci passano solo attraverso”.

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